Veleni nell’aria, veleni nella terra, veleni nell’acqua. Noi non siamo un’altra cosa rispetto all’ambiente che viviamo. Noi, anzi, siamo quell’ambiente. I veleni sono anche nella società, quindi? Si. Non credo si possa dubitare di questo.
Noi esseri umani, a differenza del resto degli animali e dei vegetali che popolano questo nostro pianeta, abbiamo uno strumento unico: la cultura (il sistema delle conoscenze) e la conseguente possibilità di trasmetterla a chi verrà dopo di noi. Prima di raggiungere questo livello, gli uomini e le donne erano poco più che scimmie.
E’ necessario tornare a queste semplificazioni per avere un’idea chiara di quale potrà essere il nostro futuro. Perché l’umanità si è smarrita e, quando ci si perde, la cosa migliore da fare è tornare da dove si è partiti.
Le società umane, quindi, da qualche migliaio di anni si reggono su degli accordi, su delle convenzioni, che chiamiamo leggi. Va da sé che, se fossimo “maturi” al punto giusto, accetteremmo di rispettare questi accordi senza necessità alcuna di applicare sanzioni. Oggi questo non accade. Le carceri, infatti, sono straripanti di individui colpevoli di aver violato le leggi. Da questo punto di vista non si rileva alcuna evoluzione sociale e politica. Al contrario, siamo tornati ad un tale punto di immoralità che sospettiamo che tanti dirigenti amministrativi e tanti politici infrangano costantemente le leggi. In realtà non si tratta di un sospetto. Pochi giorni fa un procuratore della Corte dei Conti ha detto che negli ultimi vent’anni la classe politica, sia a destra che a sinistra, ha utilizzato “artifici semantici” per violare una legge che nasceva da un referendum, quindi direttamente dalla volontà popolare e quindi “sacra” dal punto di vista della Costituzione italiana (mi riferisco al finanziamento ai partiti). Poi si scopre che le più alte cariche dello Stato sono incostituzionali (fuorilegge!).
Ecco: questi sono i veleni che sono stati sparsi nella nostra società! Legislatori che violano le leggi; legislatori che rendono le leggi incomprensibili ai cittadini, per nascondere i propri movimenti affaristici.
Cosa c’entra tutto ciò con la Xylella che avrebbe attaccato gli ulivi o con i metalli pesanti dell’Ilva? C’entra, eccome! Perché ogni cosa che costruiamo, ogni relazione sociale che abbiamo, ogni nostro singolo comportamento è dettato dal quadro dei nostri pensieri. Nasciamo e cresciamo in un ambiente che non è solo quello naturale, ma anche sociale: ad ogni nascituro infiliamo uno zainetto sulle spalle che contiene un’eredità culturale: il modello sociale dominante. E si cresce con la convinzione che ciò che ci circonda sia giusto, sia il meglio possibile. Perché lo dicono i professori a scuola, lo leggi sui giornali e lo vedi in televisione. La realtà, ahimè, spesso è un’altra.
In questo degradante quadro economico e politico, qual è la visione sociale? Come ci relazioniamo l’uno con l’altro? Siamo realistici! Non ci fidiamo quasi più di nessun altro che non sia un parente stretto e, semmai, solo dopo aver avuto la prova concreta della sua fedeltà. Dei nostri vicini, dei nostri colleghi, degli estranei, noi non ci fidiamo. Questo è il nostro ambiente sociale, che è stressato allo stesso identico modo in cui è stressato l’ambiente naturale. Perché la Xylella non è la causa del disseccamento rapido degli ulivi ma è l’effetto dell’avvelenamento del terreno. Così la nostra sfiducia verso gli altri non è la causa del malessere sociale ma è la conseguenza di un’esistenza trascorsa a “competere” economicamente e socialmente, in un quadro, tra l’altro, falsato dalle troppe scorrettezze esercitate da coloro che amministrano la cosa pubblica: i politici. Ma… attenzione! Questo vagone di individui che noi definiamo politici, in realtà sono semplicemente degli amministratori, spesso pessimi amministratori. Perché la politica è tutt’altra cosa: è il luogo della decisione pubblica ed è un luogo dove si arriva preparati, dove si arriva dopo aver studiato la storia per capire quali soluzione siano state tentate nel passato per evitare di rifare gli stessi errori; è il luogo in cui si è dato un ampio sguardo alla filosofia, per capire quale sia la strada da intraprendere; il luogo in cui si sappia anche di scienza, conoscenza e tecnica… Non tutti, però, si prendono la briga di leggere e studiare. Deve, quindi, restare un luogo riservato ad un’élite? No. Perché oggi, nell’epoca della terza rivoluzione industriale, disponiamo di mezzi di comunicazione mai visti prima d’ora. Abbiamo internet, la rete. Chi dovrà occuparsi di politica dovrà trasferire nel modo più semplice e comprensibile possibile le ipotesi di sviluppo (sostenibile), in modo che la totalità dei cittadini abbiano accesso alle informazioni ed una capacità di scelta (voto) consapevole. Per fare ciò, dobbiamo iniziare a fidarci delle persone che, votandole, deleghiamo affinché possano rappresentare la nostra plausibile ipotesi di sviluppo. Per fidarci degli altri, dobbiamo fidarci di noi. Per fidarci di noi, dobbiamo avere fede nel futuro. Dobbiamo sfidarci. Dobbiamo comprendere come ciascuno di noi sia un essere dotato di dignità assoluta e perfettamente capace di essere ciò che vorrà essere. Dobbiamo imparare a rispettarci e a rispettare gli altri. Non vedo altro futuro all’infuori di questo.
Ho iniziato da tempo questo percorso, dentro di me. Ho mirato alla mia rivoluzione umana, a riconoscere i miei difetti, ad ammetterli e a superarli. Studio e leggo tantissimo, ogni giorno. Ho un’idea di quale possa essere il cammino verso una società armoniosa, giusta e pacifica. Ma non posso e non devo inculcare a nessuno le mie convinzioni. Devo viverle per poter dimostrare che siano giuste. Ovvio che questo cammino sarà lento, ma almeno sarà un percorso virtuoso che condurrà senza dubbio verso la nostra meta.
Siamo reduci da una recente, importante scomparsa: quella di Nelson Mandela. Questo grande uomo, grande esempio, ha trascorso 27 anni in carcere prima di poter dimostrare che l’utopia dell’integrazione si poteva realizzare. Quanti di noi riescono ad avere questa fede e questa infinita pazienza? Questo è il percorso. Non ho alcun dubbio. Emancipiamoci, liberiamoci, realizziamoci. Non contiamo sugli altri. Non facciamoci sconfiggere dagli altri. Ognuno di noi, persone comuni, può compiere il miracolo che ha realizzato Mandela.